Nel 2009 la nostra azienda ha reintrodotto la cura degli animali tra le sue attività agricole. Tra i vari, abbiamo deciso di allevare i suini neri siciliani.

Questa razza, come la cinta senese in Toscana e dintorni, è molto antica e conserva ancora caratteri morfologici propri di un animale adatto alla vita selvatica. Il lungo muso ed il collo possente permettono con facilità di grufolare, scavare in profondità, sollevare tronchi e massi per trovare il cibo; gli arti forti ed affusolati gli permettono di saltare, arrampicarsi, correre e camminare per lunghe distanze, i peli irti e scuri li proteggono dalle aggressioni dei raggi solari, dei rami spinosi, delle intemperie. L’indole è pacifica, sebbene la definizione delle gerarchie all’interno del gruppo ( orda ) causi a volte violenti scontri. Eventi rari e per lo più causati dall’intervento dell’uomo che per esigenze produttive sottrae o aggiunge elementi al gruppo alterandone l’equilibrio. È anche vero però che le scrofe sono molto protettive verso i piccoli e possono diventare un po’ aggressive.

Gli animali vengono identificati con una marca applicata dall’esperto di razze dell’ANAS (associazione nazionale allevatori suini) e ricevono un codice speciale attraverso il quale è possibile da parte di chiunque risalire alla genealogia dell’animale.  Queste informazioni sono importanti per lo scambio di riproduttori tra allevamenti, onde evitare la consaguineitá, preservando la ricchezza genetica e promuovendo la diffusione di questa splendida razza.


Il maiale come alimento


Ci sono differenze sostanziali che la distinguono dalla maggior parte delle razze suine “commerciali”. La genetica conferisce al suino nero un abbondante dotazione di grasso che, sviluppandosi in un animale sano, pulito da medicinali ed alimentato in maniera naturale, si caratterizza per la dolcezza e la delicatezza del suo sapore. Un animale di 20 mesi può sviluppare sul proprio dorso uno strato di lardo spesso oltre 10 cm. Questa è una caratteristica che nelle recenti logiche produttive è identificata come un difetto; le risorse alimentari spese per produrre questo grasso sono uno spreco, di conseguenza questo animale viene di consueto scartato dalle filiere alimentari ordinarie. Esattamente l’opposto di quanto non sia stato per secoli (per meglio dire millenni) in cui questo elemento (il grasso !!!) costituiva un alimento chiave per l’uomo. Riserva enegetica concentrata,  conservante, medicamento, base per la frittura, all’occorenza combustibile.. proprietà che contribuivano a fare del maiale una valuta che non conosceva inflazione. Le odierne mode alimentari e salutistiche hanno fatto del grasso un nemico dell’uomo, solo saltuariamente sdoganato e rivalutato per le sue virtù. Va detto a tal proposito che nel suino nero la percentuale di grassi insaturi è maggiore rispetto a quella dei grassi saturi, il che lo rende molto meno dannoso per la salute.  Certo è che, oltre al buonsenso nel consumare ogni cosa in maniera e misura adeguata, in questo caso più che in altri l’origine dell’ingrediente a fa nettamente la differenza.

Al pari del grasso anche le carni di questo animale risentono molto della genetica e dello stile di vita dell’animale. I muscoli tonici e sanguigni di questo maiale sono a volte criticati per la scarsa tenerezza che ormai confondiamo con la flacciditá degli animali cresciuti in cattività. Sicuramente richiedono una maggiore destrezza culinaria nella gestione della cottura, ma in cambio restituiscono grandi soddisfazioni. Altrettanto si può dire per il sapore, selvatico ed intenso, che richiede i giusti abbinamenti aromatici. Gli insaccati ed i salumi realizzati con una simile materia prima ne dimostrano tutta la superiorità. Animali allevati con la sola finalità del loro accrescimento morfologico infatti, oltre alla mediocrità del loro sapore, presentano spesso gravi squilibri idrici nei tessuti; terapie ormonali, integrazioni minerali e quant’altro somministrato in vita, condizionano la microbiologia specifica della salumificazione, caricano di acqua l’animale che in vita guadagna peso, ma i cui tessuti in fase di stagionatura si alterano ed irrancidiscono facilmente se non vengono stabilizzati. La mancanza di altrenative chimiche al sale ed alla fermentazione, ha fatto si che in passato si sviluppassero sofisticatissime procedure di conservazione delle carni, da cui la varietà e la prelibatezza delle produzioni di insaccati della nostra tradizione nazionale. Oggi giorno la bassissima qualità delle carni rende queste tecniche insufficenti e dipendenti da integrazioni chimiche ulteriori. Inoltre un mercato sempre meno educato alla qualità richiede produzioni sempre maggiori per soddisfare il crescente bisogno di quantità. L’abuso nel consumo di carne e derivati, pergiunta di qualità sempre peggiore, ha fatto si che il maiale ed i suoi derivati siano diventati sinonimo di insalubrità. Che ingiustizia.


Tecnica di allevamento


I nostri suini crescono allo stato brado, liberi di pascolare e muoversi. Per contenerli impieghiamo recinzioni elettriche omologate, che contribuiscono al contempo a tenere alla larga predatori (ad esempio i cacciatori umani e relativi cani da caccia) e “disturbatori” (i nostri cani). L’impiego di questo sistema di contenimento richiede un lungo e continuo addestramento degli animali; fin da piccoli devono apprendere la minaccia costituita dal filo elettrico (cosa che regolarmente riscopriamo anche noi..), ma allo stesso tempo devono imparare a fidarsi dell’allevatore, seguirlo lungo i percorsi, i corridoi, attraverso i varchi, poiché queste barriere sono poco più che simboliche e qualsiasi animale sotto pressione non esiterebbe a violarle, a maggior ragione un animale di 170 kg. Pur essendo liberi questi animali debbono essere sottoposti a continue analisi e controlli sanitari che, se nei lager per suini possono essere effettuati in maniera meccanica, rapida ed efficiente, in un contesto simile al nostro richiedono tempo, pazienza e la “collaborazione” degli animali. Tutto questo si traduce in costi, tempo e tanta dedizione. Si spiega facilmente come mai questa tecnica di allevamento non sia la più diffusa tra gli allevatori, ne la più auspicata dalle istituzioni, (sanitarie e non..)   tanto da risultare, in molti casi formali, di fatto non contemplata dalle normative.

Oltre che essere finalizzata alla produzione di carne, la presenza dei suini in azienda si dimostra utile per lo smaltimento degli “scarti” aziendali, per la lavorazione di terreni impiegati ad orto e seminativo (quando il terreno è bagnato sono piú efficaci di un aratro), per la bonifica di aree infestate da roveti e per il diserbo in aree selvatiche a rischio di incendio. Queste sinergie ci devono  ricordare come la biodiversità sia da prendere ad esempio come modello di efficienza ed equilibrio anche quando progettiamo i nostri sistemi di produzione.


Benessere dell’ animale


Il benessere fisico e psicologico degli animali è monitorato dalla d.ssa Tadiotto, medico veterinario che affianca l’azienda nella gestione degli aspetti medici, gestionali ed amministrativi concernenti tutti gli animali presenti in azienda.

Gli animali destinati al consumo fresco vengono macellati intorno ai 12 mesi di vita, quelli destinati a diventare insaccati tra i 18 ed i 24 mesi. Entro un mese dalla nascita vengono castrati (se maschi..), registrati all’anagrafe suina (iscritti nel registro delle razze antiche a rischio estinzione)  e marcati con marca auricolare autorizzata dall’ANAS. Ogni 6 mesi vengono fatti i prelievi obbligatori e gli animali sottoposti alle analisi per monitorare e prevenire malattie epidemiche come la peste suina (classica ed africana) e la malattia vescicolare. L’unico trattamento al momento obbligatorio è il vaccino contro la malattia di Aujeszky, come previsto dal piano di eradicazione regionale.

La macellazione avviene presso il macello locale, situato nello stesso comune di allevamento. Gli animali vengono trasportati con un carrello omologato e percorrono un tragitto di appena 15 minuti. L’ideale sarebbe non effettuare nessun trasporto, macellare gli animali li dove sono nati e cresciuti. Sebbene sia già consentito a chi alleva allo stato brado in regioni come la Toscana o l’Umbria, in Sicilia questa possibilità non è ancora neanche immaginaria.

La breve durata del trasporto è comunque un aspetto molto positvo considerato il trauma che questa fase rappresenta; infatti questo, come ogni altro tipo stress, oltre che una crudeltà verso la sensibilità dell’animale è un fattore che può alterare la qualità delle carni, fino a renderle inutilizzabili a fini alimentari (pale, soft, exudative = PSE).

Ogni animale che abbia sviluppato nei millenni un adattamento a certi ambienti e modi di vivere, ha bisogno di quegli ambienti per essere “felice”. Il fatto che un animale felice sia fonte di cibo più buono e più sano, spiegatelo come volete, ma è senza dubbio una conferma che allevare nel rispetto delle naturali inclinazioni di ogni specie vivente, senza pretendere di piegarle a ogni nostra esigenza produttiva, sia una scelta più buona e più sana.. È vero anche il fatto che così si produce meno ed ad un costo maggiore, il che non è sostenibile per il produttore se chi consuma carne non si rende conto che sarebbe il caso di mangiarne meno e pagarla di più.


Avicoli


L’allevamento degli avicoli può rappresentare una grande risorsa per un’azienda agricola. Sia per i benefici diretti che può trarre dalla vendita di uova e carne, sia per la sinergia che può essere sviluppata nel caso di coltura di frutteti. Le nostre galline sono un incrocio tra le comuni ovaiole e le galline siciliane. Hanno a disposizione ampi pascoli resi ancora piú ampi dal fatto che non ne riconoscono i limiti.. La notte dormono chiuse al sicuro nei pollai (almeno così vorremmo che fosse, visto che le siciliane tendono ad appollaiarsi beatamente in giro sugli alberi), la mattina vengono liberate finchè non tornano spontaneamente sui loro trespoli al chiuso. La maggior parte del loro tempo lo dedicano alla ricerca del cibo, che viene integrato in parte minima con semenza di grano biologico siciliano. Esplorando il terreno sotto le fitte macchie di agrumi i polli predano gli insetti, si nutrono delle erbe, dei germogli e delle loro radichette piú superficiali, raccolgono sementi di ogni tipo e se si presenta loro l’occasione fanno pulizia di ciò che resta delle carcasse di piccoli animali selvatici. Osservandone gli effetti abbiamo notato che questa loro attività ha un chiaro effetto diserbante, regolatore dei parassiti e (ovvia conseguenza di tutto questo mangiare) concimante. Il diserbo, per chi pratica agricoltura biologica, è un’attività molto impegnativa. Da un lato indispensabile per una corretta gestione del fondo, dall’altro non risolvibile con il semplice e sbrigativo sterminio chimico di vita superficiale (e sotterranea). L’alternativa è meccanica. Gli ausili possono essere il macina-ebra (portato da un trattore) o il decespugliatore (portato da un uomo). In entrambi i casi lavori rumorosi e rischiosi; che presuppongono l’acquisto ed il possesso di mezzi meccanici, l’impiego di dispositivi di sicurezza e, importante, il consumo di carburante. Sappiamo già che agricoltura biologica non è sinonimo di sostenibilità, per cui il buonsenso ci impone di andare oltre gli obblighi (a volte, tra l’altro, insulsi) imposti dai regolamenti. In questo senso i polli mi hanno aiutato tanto nelle mie di riflessioni, tanto che oramai consulto prima loro che il consulente dell’ente certificatore.

Sebbene questa sinergia si sia dimostrata vincente, ci sono una serie di MA.

Procreazione

La procreazione naturale è un fenomeno imprevedibile negli esiti, discontinuo e legato alle capacità delle chiocce. Avendo come esigenza l’incremento iniziale delle colonie abbiamo scelto di usare un’incubatrice. E’ vero che altera le dinamiche naturali e consuma energia, quindi perde qualche punto sul fronte della sostenibilità, ma garantisce continuità al progetto.

Predazione

I polli sono facili prede, e fin dalla nascita corrono di continuo il rischio di essere mangiati da ratti, furetti, rapaci, cani e volpi. La libertà li espone a rischi che trascorrendo tutta la vita in gabbie di rete zincata non correrebbero (se non aggiungiamo virus e batteri nella lista dei predatori). Ratti e furetti sono una minaccia che riguarda soprattutto gli animali più giovani (uuna ragione in più per optare per la procreazione artificiale). I cani li teniamo a bada con le stesse recinzioni elettriche che adottiamo per i maiali e soprattutto educandoli a non considerare i polli come prede (con sonore sculacciate). La volpe resta un grande problema. Supera l’ostacolo della recinzione elettrica, non è educabile, attacca preferibilmente la notte, ma se ha fame anche in pieno giorno. Quando arriva a brersaglio compie una strage, uccide più esemplari possibile e pian piano se li porta via. È in grado di violare i pollai, scavando o masticandone le reti metalliche. Un vero problema. Ho provato a sfamarle per placarle, col solo risultato di accrescerne la famelica comunità. Escludendo l’avvelenamento e la fucilazione (per una serie di motivi personanli e legali) ho cominciato a chiudere i miei cani negli ampi recinti dei pollai (ne abbiamo sei tra trovatelli e nati per amore). La soluzione in principio non ha contenuto l’eccidio, anzi. In molti cani l’istinto predatorio è molto forte, soprattutto all’alba. Quindi abbiamo dovuto individuare quali soggetti potevano stare liberi tutto il tempo e convivere con i polli e quali tenere legati durante il giorno da liberare durante la notte per proteggere il territorio in cui si trovano i pollai. Questo a sua volta ha imposto come necessario il rientro notturno nel pollaio da parte dei polli, che per esemplari come la gallina siciliana è una soluzione meno gradita che non dormire sugli alberi. Per condizionare le galline a questa abitudine è necessario un periodo di acclimatamento al pollaio di diverse settimane senza possibilità di uscita, affinchè acquisiscano la “corretta” idea di “casa”. Questa soluzione, dopo numerosi tentativi ed altrettanti fallimenti ha permesso un progresso rispetto all’obbiettivo di contenere la minaccia delle volpi.

Crescita e sviluppo

I pulcini nascono dalle uova feconde dopo un incubazione di 21 giorni a temperatura e umidità controllata. Alla nascita vengono posti al caldo della lampada a infrarossi e svezzati. Nel corso dello sviluppo, finchè sono troppo piccoli per sopravvivere a ratti e furetti, vengono messi in gabbie mobili. La mobilità delle gabbie serve a non concentrare le deiezioni in un unico punto ed a far si che le sommità di nuovi germogli possano essere mangiati dai pulcini.

Intorno ai tre mesi vengono uniti ad una colonia preesistente o ne avviano una nuova, in ogni cosa saranno sottoposti ad acclimatamento prima di poter essere lasciati in libertà.

Impatto sul terreno

Sebbene l’effetto diserbante sia utile, tal volta rischia di essere eccessivo con due conseguenze negative principali:

  • Una è il diserbo permanente, le galline consumano l’erba oltre la sua capacità di rigenerazione arrivando a “desertificare” il terreno inducendolo ad una forma di povertà biologica non buona per la salute e l’equilibrio del sistema biologico.
  • L’altra è la selezione di piante non appetibili, causa diretta della distruzione immediata delle piante più gustose.. Questa selezione causa una propagazione crescente di piante che renderanno il pascolo sempre meno interessante per i polli, che invece di continuare la loro azione diserbante in loco andranno altrove in cerca di cibo.
  • I rimedi sono (o sarebbero potendoli attuare con facilità) studiare la permanenza degli animali in maniera sostenibile rispetto alla capacità di rigenerazione del terreno e della sua erba. Si potrebbe ridurre il numero di animali per colonia, così da ridurne le esigenze alimentari a carico di una zona specifica o, come suggeriva un amico pratico di permacoltura, mantenere colonie molto grandi, ma lasciarle per periodi molto brevi su ciascun pezzo di terra e poi spostarle. Questa seconda ipotesi, che ricalca lo schema naturale degli animali selvatici, in continuo movimento, non è facile da mettere in atto. In primo luogo bisogna avere sufficienti superfici “sicure” dai predatori ed inoltre queste superfici debbono essere distanti tra di loro, poichè altrimenti, come abbiamo già sperimentato, i polli (in particolare le razze un po’ selvatiche come le siciliane) tendono a tornare nella loro area di provenienza.